Molto si sa del Vittorio Feltri giornalista e della lunga e fortunata carriera che lo ha visto passare da un piccolo giornale di provincia al "Corriere della Sera", fino a diventare direttore di testate come "Libero" e "il Giornale" che, sotto la sua dirompente conduzione, si sono affermate tra i quotidiani più letti in Italia. Meno noti, invece, sono alcuni aspetti della sua vita privata e del suo carattere, perché tenuti gelosamente nascosti dietro l'immagine battagliera e spesso cinica che il direttore mostra in pubblico.Attraverso il racconto di amicizie indelebili strette nel corso degli anni e di aneddoti divertenti, L'irriverente svela un Feltri inconsueto e inaspettato: lo scopriamo involontario autore di un verso di Giorgio Gaber, oppure impegnato in chiassose partite a biliardo insieme a Nicola Trussardi negli anni dell'adolescenza o, ancora, votato a riportare sulla retta via il "fuoriclasse" amante del sushi Alberto Ronchey, che convertirà alla pastasciutta.Tanti sono anche i ricordi che lo legano a colleghi diventati poi veri amici, a partire dai direttori del "Corriere della Sera" Franco Di Bella e Piero Ostellino, fino all'inimitabile Gianni Brera - giornalista "massiccio, ricco e appassionato" -, che celebrò il loro incontro stappando una bottiglia di Grignolino. E ancora si avverte bruciare, in queste brevi pagine scritte a distanza di anni, l'indignazione per le vicende giudiziarie che coinvolsero Enzo Tortora e Angelo Rizzoli, ai quali Feltri non fece mai mancare il proprio sostegno pubblico e privato.Il tono impertinente e ironico che sempre vena i suoi scritti si stempera quando il direttore rivolge il pensiero alla propria infanzia, segnata dalla prematura perdita del padre e dai sacrifici della madre, costretta a provvedere da sola a tre figli piccoli, e alle lunghe vacanze estive a casa dello zio in Molise, dove le giornate a zonzo per il paese e l'uovo bevuto crudo dal guscio avevano un sapore di leggerezza e libertà mai dimenticato. Ma è solo un attimo, perché cedere al sentimentalismo non è certo una prerogativa di Feltri, che ancora una volta conferma di essere una delle penne più corrosive e anticonvenzionali della stampa italiana.Vittorio Feltri è direttore del quotidiano "Libero", che ha fondato. In precedenza ha diretto "L'Europeo", "L'Indipendente", "il Giornale" e il "Quotidiano Nazionale" ("il Resto del Carlino", "La Nazione" e "Il Giorno"). Da Mondadori ha pubblicato Non abbiamo abbastanza paura (2015), Chiamiamoli ladri (2017), Il borghese (2018), Una Repubblica senza patria (2013) e Il Quarto Reich (2014), scritti con Gennaro Sangiuliano, e Il vero cafone (2016), scritto con Massimiliano Parente.